Come i ‘deschi ’ del Rinascimento, piatti e ciotole di Roberta Mitrovich sono supporti per la pittura
Che non si tratti di comuni stoviglie in ceramica risulta subito abbastanza evidente, anche perché quasi tutti
recano sul retro, assecondando la loro forma circolare, una scrittura. A volte si tratta di una lunga frase che
riflette uno stato d’animo, piuttosto che una sintesi descrittiva del tema figurale o la descrizione di un
contesto in cui si svolge. Tutti questi righi, tuttavia, sono portatori di un pensiero che trasforma normali
contenitori da cucina decorati in una sorta di veicolo per messaggi intensi e poetici, sapienti o narrativi,
filosofici o bizzarramente surreali (“Un frullato di foglie, due cucchiaini di Via Lattea, un unicorno e sei
pronto per la meraviglia”, “Dadi in volo”). Sono aforismi, riflessioni autobiografiche, foglietti dei baci
perugina del genere: “Tanti sono i semi della gioia che puoi piantare nel tuo giardino”, massime universali,
notazioni meteorologiche o cromatiche (“Camminava in un sentiero grigio-arancio”, “Coccodrillo azzurro”).
Sicché, una volta saputo che esiste un ‘retropiatto’ o una ‘’retrociotola’, dopo aver ammirato l’oggetto nella
sua forma e nel suo ornamento pittorico, non si può vincere la tentazione di girarlo per scoprire l’ulteriore
pensiero sotteso che si sviluppa nel lato B.
Il decoro vero e proprio affronta una miriadi di soggetti: ce n’è uno che rappresenta, a volo d’uccello, le
corsie di una piscina e, al loro interno, una figura tra i flutti – l’artista stessa, nuotatrice di eccezionale – che
emerge in prospettiva inclinata; vi è una serie di piatti che racconta la dendrobiologia, con infiniti intrecci di
tessuti arborei che somigliano a ‘murrine’ veneziane e poi un’altra, dedicata ai ‘giardini segreti’.
Quadrupedi appaiono sullo sfondo di superfici trattate in puntinismo e intrecci neuronali o sub cellulari si
aprono come fiori, mentre piante galattiche sbocciano riflettendosi in misteriose iridi. Vi sono esplosioni di
semi e nervature di foglie ma anche immagini puramente mentali, cromaticamente intense e piene di un
movimento che è, comunque, sempre presente sulle superfici di terracotta come dato non solo stilistico e
formale ma anche intrinseco alla danza espressiva dell’artista. L’allusione alla mitologia è, anche quella, una
presenza sottile, più come riferimento simbolico che esplicitamente rappresentato, e accentua la sua
efficacia sempre con scrittura retrostante.
Non è difficile capire che, in realtà, questi oggetti non sono terrecotte decorate ma supporti in ceramica su
cui rappresentare il mondo interiore dell’artista, né più né meno che se si trattasse di una tela, una tavola,
un foglio di carta. La forma di vasellame è un valore aggiunto in termini di terza dimensione, di vicinanza
concettuale con oggetti appartenenti alla quotidianità – specialmente, storicamente, benevolmente –
femminile. E, anche, una via di fuga da ogni possibile supponenza di cui talvolta si paludano le ‘opere
d’arte’.
Roberta Mitrovich, una volta scritta la storia – figurata e letteraria, fronte e retro – sembra abbandonare i
suoi manufatti per volgere la sua attenzione ad altre storie, altre forme, altre frasi, altri pensieri.
Soprattutto, sembra trattarli con deciso understatement, come chiunque farebbe con il vasellame che
tiene nella credenza, in uso a casa propria. Sono stata a trovarla nel suo laboratorio dove, tra l’altro, sono
raccolte anche altre ceramiche non sue, di autori contemporanei o antichi, designer o artigiani regionali ed
etnici, figurativi e astratti, provenienti da altri Paesi ed epoche: tutte riunite su scaffali con grande cura e
interesse, felicemente dialoganti con i suoi lavori appesi alle pareti. Faceva un caldo infernale e Roberta
aveva preparato per noi del gelato. Mi ha accolta e poi si è diretta verso una fila verticale di ciotole, ne ha
staccate due dalle attaccaglie sul muro e, soffiando la superficie per togliere l’eventuale polvere, ci ha
messo dentro due abbondanti porzioni di gelato.
Giovanna Grossato
Nata a Vicenza nel 1965 e laureata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, si è dedicata alla ceramica con il
magistero di Claudio Reginato. Negli anni Novanta ha prodotto una linea di ceramica per
Il Sole 24 Ore
, ha
esposto a Milano per Eclektica e alla Galleria ABC. Suoi lavori sono pubblicati sulla rivista “AD”.